Quello della tracciabilità alimentare è un tema che negli ultimi anni è entrato prepotentemente a far parte dell’agenda politica internazionale perché i consumatori, giustamente, sono sempre più attenti a quello che mettono nel piatto e cercano sempre più cibi di qualità. In questo contesto, anche le aziende del settore alimentare sono chiamate a fare la loro parte garantendo proprio la tracciabilità completa degli articoli alimentari che producono.
Questione di responsabilità e di competitività. Perché, pur vivendo nell’epoca dei fast food e delle app che ti permettono di ricevere la pietanza che desideri direttamente a casa tua a qualsiasi ora del giorno, sempre più persone, quando fanno la spesa, leggono con attenzione le tabelle con i valori nutrizionali e le informazioni che riguardano la provenienza dei prodotti.
L’argomento è ancora più importante in un Paese come il nostro dalle tante eccellenze enogastronomiche imitate in tutto il mondo con i cosiddetti prodotti “Italian sounding”.
Per capirci, è di “oltre 100 miliardi il valore del falso made in Italy agroalimentare nel mondo con un aumento record del 70% nel corso dell’ultimo decennio per effetto della pirateria internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale” come ha sottolineato la Coldiretti in un rapporto dell’anno scorso.
Negli ultimi anni, la maggior parte dei brand della grande distribuzione si sono dotate di un proprio codice etico in base al quale si impegnano ad un controllo rigoroso sulle aziende fornitrici dei prodotti a tutela del consumatore.
Inoltre, lo scorso anno è entrato in vigore il Decreto Legislativo 15 settembre 2017 n. 145 proprio in materia di tracciabilità alimentare. Un provvedimento teso a garantire una maggiore trasparenza informativa in merito alle caratteristiche del prodotto che vanno indicate secondo determinati standard a livello europeo (regolamento UE n. 1169/2011) e che, soprattutto, introduce l’obbligo di indicare, oltre allo stabilimento di produzione e/o confezionamento, anche l’origine degli ingredienti utilizzati.
Un primo, importante passo nella giusta direzione.
Ma in che modo un’azienda può garantire la tracciabilità alimentare e la qualità dei prodotti che realizza? In primis, rispettando le normative vigenti; anche perché le sanzioni, in caso di inadempimento, possono arrivare fino a 15mila euro.
Ma il punto è che servono soprattutto soluzioni tecnologiche a supporto della tracciabilità alimentare che aiutino a identificare in maniera univoca i prodotti dalla gestione delle materie prime alla tavola e siano strumenti concreti a supporto delle filiere per movimentare in maniera più efficiente, veloce e sicura i propri prodotti alimentari.
Nello specifico, quello della tracciabilità è un aspetto che ogni azienda alimentare deve tenere presente nella scelta del proprio sistema ERP.
Proprio così: perché oltre alle funzionalità classiche in ambito di controllo amministrativo e logistico (gestione magazzino e non solo), un ERP per le aziende del settore alimentare oggi è chiamato a gestire processi per la realizzazione di un prodotto che garantisca sempre specifiche e caratteristiche di qualità predeterminate.
E questo può avvenire solo tracciando il prodotto nella filiera, individuandone non solo l’origine ma gestendo tutte le informazioni durante il suo percorso di produzione, dalle materie prime ai sottoprodotti fino al confezionamento e alla distribuzione finale.
Questo significa che, nel momento in cui qualcosa non dovesse funzionare correttamente producendo anomalie e non conformità durante il processo di produzione, proprio grazie al percorso di tracciabilità alimentare gestito con strumenti informatici come l’ERP, sarà possibile ripristinare immediatamente le condizioni di sicurezza e garantire il consumatore.
In fondo, la tracciabilità non è altro che un percorso finalizzato proprio alla garanzia della sicurezza del sistema agroalimentare per il consumatore e un ERP per aziende alimentari è lo strumento per realizzare al meglio questo percorso.
Lo stesso fondatore di slow food, Carlo Petrini, una volta ha detto: “Ho bisogno di conoscere la storia di un alimento. Devo sapere da dove viene. Devo immaginarmi le mani che hanno coltivato, lavorato e cotto ciò che mangio”. E adesso che a livello istituzionale ci si sta muovendo in questa direzione, le aziende alimentari hanno la possibilità di fornire risposte importanti in tal senso a garanzia dei consumatori.